Le virtù di Teramo: una ricetta antica e simbolica
Le virtù sono un piatto con origini antiche che, secondo alcuni storici, deriverebbe da un’usanza romana medievale, documentata già nel Quattrocento. A Roma, infatti, si cucinava una minestra di legumi nei primi giorni di maggio, chiamata proprio “virtù”. Ma se questa tradizione a Roma si è persa nel tempo, è nella città di Teramo che la ricetta è stata custodita, tramandata e trasformata in un vero e proprio simbolo d’identità locale.
Ogni anno, il primo maggio, a Teramo si preparano ancora oggi le virtù: una minestra ricchissima e laboriosa, che unisce ingredienti dell’inverno e della primavera. Vengono utilizzati legumi secchi come ceci, fagioli, lenticchie e cicerchie, raccolti e conservati durante l’inverno, insieme a erbe spontanee e aromatiche primaverili come borragine, salvia, aneto, finocchietto selvatico, misericordia e molte tipologie di pasta, sia fresca che secca. A questi si aggiungono ortaggi freschi come piselli, carciofi, fave e parti meno nobili del maiale. Alcune versioni prevedono anche l’aggiunta di polpettine di carne.
Oltre alla sua ricchezza gastronomica, questo piatto è carico di significati simbolici: rappresenta il passaggio tra stagioni, la rinascita, l’abbondanza, ma anche l’ospitalità. In passato, era usanza preparare le virtù in abbondanza per offrirle a vicini e amici, in un gesto di condivisione. Oggi questo spirito è ancora vivo, soprattutto nei paesi più piccoli.
Anche se esistono varianti simili in altre zone dell’Abruzzo – come la pignata di maggio in Valle Peligna o il totemajje di Pescocostanzo – a Teramo le virtù sono un patrimonio unico, che continua a essere celebrato ogni anno.
E voi, le avete provate?
Fonte: Marco Sadori: "Sapori nomadi italiani vol.2"
