Oggi mi sono alzato alle sei meno venti. Tutti i miei compagni ancora dormivano. Volevo uscire a fare quattro passi, ma pioveva a dirotto e sono rimasto nella camera. Mi sono messo a leggere il libro che si chiama "La vita di Benvenuto Cellini". Mi sono realizzato che il testo è scritto in dialetto fiorentino. Alla prima vista non è tanto difficile da capire la sostanza. Il libro è della vita di Benvenuto Cellini che era un figliolo di un maestro Giovani d'Andrea di Crisrafano Celini, e madonna Elisabetta di Stefano Gracci, entrambi i cittadini fiorentini. Era molto fiero di Firenze.
Poi si dice che nei tempi antichi c'era una famiglia che ebbe un figliolo minore. Si chiamò Cristofano e il ragazzo ebbe una gran questione con i certi vicini. E di conseguenza le due famiglie si disfacesino e esplusero via Cristofano a levare la questione. I bimbi di una famiglia furono mandati a Siena e Cristofo a Firenze.
A Firenze, Cristofono si sposó e la sua moglie ebbe quattro figli. Uno di cui era il padre del narratore. Come già sappiamo si chiamava Giovanni. Giovani era bravissimo in arte: sapeva bene disegnare, suonare di viola e di flauto.
Per il muro visse uno che si chiamò Steffano Granacci. Egli era il padre della sua futura moglie, Elisabetta.
Ebbero la gran amore tra di loro, in conseguenza nacquero cinque bimbi, il quinto di loro fu chiamato Benvenuto.
P.S. (se siete contro il passato remoto, spiegatemi perché non è appropriato in questo contesto. Grazie in anticipo!)